Finito lo sfibrante semestre di lezioni e altre attività più o meno sgradevoli, mi sono preso una pausa di meditazione: una giornata in un capanno fotografico.
Frequento i capanni molto meno di un tempo, ma quando mi arriva una dritta interessante, ad esempio l’avvistamento di qualche bel soggetto che non ho mai fotografato, cado in tentazione (o cedo alla tentazione?) e ci torno.
Poi, si sa, non è detto che il soggetto quel giorno si presenti (così ahimè è stato!), ed è un peccato, ma il tempo nel capanno è lo stesso un tempo speciale per me. Soprattutto d’inverno.
Si comincia a giocare già la sera prima quando, oltre a scegliere l’attrezzatura fotografica, si prepara l’abbigliamento tecnico che ti permetterà di resistere fermo per ore a 3 gradi centigradi o giù di lì e scattare senza congelarti le dita. Non vorrai rovistare nell’armadio alle 5 del mattino torturando il sonno alla la povera consorte, no? Prepari prima e intanto pregusti già la piccola avventura!
Se ci sono anche gli amici, fin dalla partenza si entra nell’allegro mood tribale degli antichi ominidi maschi in spedizione. Purtroppo entrambi i miei soliti compagni d’avventure si erano presi un male di stagione, quindi niente tribù. In solitaria il mood è diverso, più riflessivo, ma è bello lo stesso.
Appartengo ad una generazione a cui guidare piace, il rumore da trattore del mio turbodiesel è gradevole e il pezzettino finale di strada di campagna con le sue curve e sconnessioni mi diverte. Anche questo fa parte del gioco.
Una Ghiandaia sospettosissima. Sono convinto che in qualche modo si sia accorta di me.
Non sono una persona particolarmente paziente, al contrario, ma il bosco mi piace, mi piace starci, sentire e guardare gli uccelletti indaffarati nel loro chiassoso viavai. E’ come guardare in un acquario molto, molto vivace. E’ un tempo davvero piacevole, anche senza scattare foto. Alcune specie infatti non le fotografo quasi più, a meno di pose particolari, perchè ho già tantissime loro foto nel mio archivio, ma è sempre bello starle a guardare. Per questo posso stare ore ed ore tranquillo nel capanno.
Picchio Rosso “indaffarato”.
Però, capiamoci, non faccio centinaia di chilometri all’alba per fare psicoterapia, ma per fotografare e quando arriva qualcosa che interessa, o succede qualcosa di interessante, si scatta, perchè quello è la “ciccia” la parte gustosa della giornata.
Maschio di Capinera, grigio su grigio.
Fringuello, “salmone” e verde.
Fotografare gli animali per me è un momento di comunione col soggetto. E’ un rapporto a senso unico purtroppo, perchè devo essergli invisibile, per non recare disturbo, stress e , naturalmente, perchè altrimenti scapperebbe subito. Gli animali sono sensibili, ma non telepatici.
I Pettirossi mi hanno fatto compagnia quasi tutto il giorno, anche troppo ravvicinata.
Cos’è qualcosa di interessante? Un soggetto visto di rado, oppure un bell’accostamento di colori tra soggetto e sfondo od una posa simpatica, un’attività insolita, insomma, occasioni non mancano.
Il Picchio Muratore mi ha concesso le foto migliori della giornata.
Purtroppo la star del momento, il motivo della mia uscita quel giorno era indisponibile, cose che con gli animali liberi può capitare e capita (due giorni dopo invece c’era, come mi hanno crudelmente dimostrato, mandandomi le foto). Non mi nascondo dietro un dito, mi dispiace e il fatto mi ha tolto un po’ di soddisfazione per giornata, però sono sincero, una volta mi sarei proprio arrabbiato, pensando di aver solo sprecato del tempo. Invece adesso preferisco vedere il lato pieno del mezzo bicchiere: Mettiamola così: Ho passato delle ore piacevoli ed ho portato a casa qualche buona immagine. Già qualcosa, no?
Autoritratto riflesso in un finestrino del capanno. Quadro nel quadro alla Cartier Bresson (beh quasi).
Non vi ho detto chi doveva essere la star? Eh… Picchio Nero! Sarebbe proprio stato un bel vedere (e fotografare!).